Non c’è solo il Sacro Catino tra le reliquie della cattedrale San Lorenzo, ma tutta una serie di preziosi capolavori legati al culto di San Giovanni Battista: e poi ancora una scacchiera misteriosa, un cagnolino che dorme, un curioso braccio e una statua che forse è un artigiano, forse un santo, forse un’antica divinità.
Il cagnolino dello scultore
Una delle curiosità più note della cattedrale è quella della statua del cagnolino dormiente: si trova a metà altezza, a destra del portale più vicino a via San Lorenzo. Bisogna guardare con attenzione, perché ormai i segni del tempo – e di chi lo sfiora come augurio di buona fortuna – l’hanno quasi consumato. Secondo la leggenda, uno degli scultori che lavorò alla chiesa aveva un cane che adorava ma che morì prima della fine dei lavori: venne quindi immortalato per sempre nella pietra dal suo padrone. Un’altra tradizione racconta che il cagnolino avvertì lo scultore di un crollo imminente, salvandolo, anche se il fedele animale perì sotto le macerie. Comunque sia, da tanti secoli – molti di più dei grandi leoni di Carlo Rubatto, che risalgono al 1840 – il cane di San Lorenzo rimane lì, a sonnecchiare e ad accogliere i visitatori che conoscono la sua storia.
Il cagnolino dormiente
Il braccio e la croce
Una bizzarra quanto antica incisione alla base del campanile della cattedrale, sempre dalla parte di via San Lorenzo, raffigura un braccio teso e con una croce sopra la mano. Ha un significato ben preciso che non molti conoscono: significa infatti che la cattedrale era di proprietà della città di Genova e dei suoi cittadini, e non della curia. Fino a non molti decenni fa, infatti, i bilanci del Comune avevano ancora segnate le spese per la manutenzione di San Lorenzo.
Il braccio
Le scacchiere di San Lorenzo
Tra gli altri simboli che adornano l’esterno di San Lorenzo c’è anche una scacchiera; si trova verso la base della torre di sinistra, dove c’è Porta San Giovanni. È rossa e bianca, di 64 caselle, e la sua origine non è chiara, così come la sua funzione. Si sa però che quella della scacchiera è una simbologia molto diffusa e importante. Per alcuni studiosi è riconducibile ai cavalieri Templari (che del resto a Genova non mancavano, tanto che si hanno testimonianza della loro presenza nella chiesa di Santa Fede). Anche se il capoluogo ligure non fa parte del tracciato della Via Francigena – che passa invece da Luni nell’estremo Levante – si trova comunque sull’itinerario della strada che da Roma conduce a Santiago di Compostela o alle Sante Marie della Camargue. Nulla di più facile, quindi, che vedere cavalieri diretti alle crociate o in pellegrinaggio passare da queste parti.
La scacchiera
Ma perché la scacchiera è un simbolo templare? Senza addentrarsi troppo nell’esoterismo, basterà ricordare il Beauceant, ovvero il vessillo templare composto da una parte bianca e una nera, simbolo dell’eterna dualità dell’universo e spesso disegnato con tanti quadrati alternati. Il Caffaro, nei suoi annali, racconta però una storia diversa: quella di una battaglia tra genovesi e pisani combattuta a tavolino proprio con alfieri e pedoni tra i due dogi, conclusa con la vittoria della Superba e con il riconoscente omaggio anche sul fianco della chiesa di San Lorenzo.
C’è anche un altro simbolo che solletica la voglia di mistero di molti sulla cattedrale, ed è la cosiddetta “triplice cinta”. Il motivo del bianco e del nero caratterizza tutta San Lorenzo, compreso lo scalone che conduce al principale ingresso della facciata: ebbene, proprio qui, sul terzo gradino bianco, si trova un particolare graffito, che mostra tre quadrati uno dentro l’altro e quattro linee che uniscono gli angoli opposti e le metà opposte dei lati. In altre parole, il classico “filotto” o “mulino”, quello che si trova dietro i giochi di dama: l’interpretazione più tradizionale suggerisce infatti che si tratti di un’altra scacchiera, questa volta molto più praticabile, tracciata chissà quanti secoli fa per svagarsi un po’. Ma davvero è tutto così semplice? Ci sono altre due triplici cinte nascoste a San Lorenzo, una delle quali sugli scalini del Battistero, rimasto chiuso per un restauro durato molti anni. E la triplice cinta è un simbolo antichissimo che si trova sparso per tutta l’Italia, soprattutto nel Gargano: rappresenterebbe l’orientamento dell’uomo nello spazio e l’opposizione della tera e del cielo, non diversamente dal “centro sacro”, un altro tra i simboli esoterici fondamentali. Ma che quello di San Lorenzo si tratti di un segno con un profondo significato, o semplicemente un modo dei nostri antenati per passare un po’ il tempo, non è dato sapere.
Il piatto di Salomè
Il Museo del tesoro della cattedrale di San Lorenzo è una raccolta straordinaria di pezzi di grande bellezza, circa una cinquantina, molti dei quali hanno una storia affascinante e sono legati soprattutto al culto di San Giovanni Battista. Oltre al Sacro Catino, il reperto più celebre è sicuramente il Piatto di San Giovanni, quello dove secondo la tradizione fu presentata la testa del Battista a Salomè. La reliquia arrivò a Genova dalla Francia, forse confiscata ai Templari, dopo essere stata donata a Giovanni Battista Cybo, papa Innocenzo VIII: si tratta di un piatto rotondo di calcedonio di epoca imperiale romana, a cui poi nel Quattrocento è stata aggiunta una testa del santo e una lamina d’oro sui bordi. Osservando il piatto in controluce – notando inoltre le crepe coperte sul retro da un astuto motivo a tralicci – si può capire il perché del calcedonio: questo tipo di quarzo è infatti iridescente e dona al capolavoro un fascino cromatico quasi irreale.
Il Piatto del Battista
Le ceneri del Battista
Dopo essere stato fatto decapitare per volere di Salomè, il corpo di San Giovanni Battista fu portato a Sebasta, in Samaria, per essere venerato, finché l’imperatore Giuliano l’Apostata, fieramente anticristiano, lo fece bruciare e disperdere le ceneri. Anche in questo caso però ci fu l’intervento di un monaco che raccolse i resti e li custodì in un contenitore nel suo convento. Più di sette secoli dopo Guglielmo Embriaco, durante la prima Crociata, rinvenne le ceneri scavando sotto l’altare maggiore della chiesa di Myra. Ben tre manufatti sono custoditi a San Lorenzo per ospitare le ceneri del Battista: l’Arca del Barbarossa, del dodicesimo secolo, donata dal sovrano; lo Stipo delle ceneri, un cofanetto fiorentino in argento dorato con cristalli intagliati, intarsi marmorei, smalti e pietre; e soprattutto l’Arca processionale, una vera e propria cattedrale tardogotica in miniatura, in argento dorato e con finissime decorazioni della vita del Battista, con agli angoli i quattro santi protettori della città (San Giorgio, San Lorenzo, San Giovanni e San Matteo). Dentro l’Arca le ceneri del Battista vengono portate in processione il 24 giugno.
L’arca processionale con le ceneri del Battista
La Croce degli Zaccaria
C’è ancora almeno un oggetto, tra i tanti, che ha una storia importante tra quelli custoditi dentro il Museo del Tesoro di San Lorenzo: la Croce degli Zaccaria, uno straordinario capolavoro in lamina d’oro con incastonati smeraldi, zaffiri e perle. Al suo interno ci sono due frammenti di legno attribuiti alla Vera Croce di Cristo. Fu Barda, fratello dell’imperatrice Teodolinda, a commissionare l’opera nel nono secolo per poi donarla alla basilica di San Giovanni di Efeso. La croce venne poi rubata dai Turchi nel 1304, quando saccheggiarono la città, ma il signore di Focea riuscì a riacquistarla in cambio di un’ingente quantità di grano. Dopo altri tentativi di furto venne infine donata alla cattedrale di Genova nel 1380, e da quel momento divenne parte integrante del rituale per la nomina dei nuovi dogi. Ancora oggi la Croce viene esposta in chiesa, durante il Venerdì Santo.
La Croce degli Zaccaria
L’arrotino
Tra le figure più conosciute della cattedrale c’è la statua che si trova dietro al leone di destra: regge tra le sue mani un disco con uno spuntone, forse una meridiana, ed è familiarmente noto come “l’arrotino”. Si erge sopra un leone stiloforo, molto più antico di quelli di Rubatto (risalente circa al tredicesimo secolo), ed è possibile che avesse anche un gemello dall’altro lato, vicino al portale di San Giovanni, dato che proprio lì si possono vedere ancora un altro leone stiloforo con relativa mensola. L’arrotino potrebbe ritrare uno dei principali artefici della chiesa (la pietra tonda rappresenterebbe quindi quella di fondazione dell’edificio), e si è parlato anche di San Giovanni Evangelista o dell’arcivescovo Jacopo da Varagine. E c’è anche chi dice che in realtà la figura rappresenti Giano, il mitologico fondatore della città. Ma per i pragmatici genovesi da secoli non ci sono dubbi: quella pietra è una mola da arrotino, e la statua non è altro l’omaggio ai tanti artigiani operosi della città.
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