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Luigi Maio e gli amabili tentacoli dell’arte

redazione

Ha bisogno di ben poche presentazioni: è sufficiente chiamarlo Musicattore, unico nel suo genere, punto di orgoglio e internazionalità della cultura genovese

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Di Micaela Celani

Un artista multiforme, quando fa del teatro un gioco appassionante, e dona nuova linfa alla musica classica, non può che essere un eterno ragazzo, il funambolico Peter Pan di una Genova mutata in Neverland. Luigi Maio ha offerto di sé stesso un autoritratto intimo e un po’ bohemien, con puntate fra teatro, letteratura, architettura, musica, pittura – poliedricità della quale si sente felicemente prigioniero, intrappolato negli “amabili tentacoli dell’Arte” – in una chiacchierata a un tavolo della vecchia Genova, a Porta Soprana, dove non è raro incontrarlo fra gli amici: un ambiente stimolante dove si respira cultura, atmosfera e buon gusto.

Reduce dai successi genovesi (con I Solisti del Carlo Felice), e milanesi (con la Filarmonica della Scala), ambasciatore della cultura italiana a Londra, vincitore del Premio Petrolini e dei Critici di Teatro, Testimonial dell’UNICEF e ora rappresentante in Italia della Fondazione Igor Stravinsky di Ginevra, Luigi Maio vanta un repertorio che spazia da “L’Histoire du Soldat” alla “Divina Commedia”, da “Façade” a “Pierino e il Lupo”, da “Peer Gynt” a “Don Giovanni”, e poi “Babar l’Elefantino”, “L’Arlesiana”, “Faust” a Petrolini, senza disdegnare folgoranti interpretazioni del nostrano Giuseppe Marzari. Il Musicattore si dedica allo sviluppo del teatro cameristico e sinfonico, nonché alla scrittura di testi e musiche per nuove opere, senza contare “mosse” originali come “Vespe d’artificio – il Futurismo da Stravinsky a Petrolini” (opera ‘adottata’ da Stiscia la Notizia), “Des Wanderers wand – vita, arte e follia di Adolf Wölfli”, o “In Viaggio con Rossini”, divertentissima opera buffa da camera prodotta dal Teatro Carlo Felice di Genova. Ed è proprio in questo teatro che, il 5 Maggio, si è registrato il tutto esaurito per il “Soldat” di Luigi Maio, diretto dal Maestro René Bosc alla presenza di Marie Stravinsky, bisnipote del grande compositore russo e Presidente della fondazione ginevrina, di cui il Musicattore è rappresentante quale massimo interprete del capolavoro stravinskiano. Luigi Maio ha così generato una vera e propria tendenza anche fra i giovanissimi, tanto che gli sono stati dedicati diversi saggi e tesi di laurea, mentre il noto medievista Francesco Mosetti Casaretto ha definito l’interpretazione della “Divina Commedia” del poliedrico artista genovese «il primo Dante in 3D».

Com’è nato il Musicattore? Quando hai capito di essere rimasto folgorato e hai deciso la strada da percorrere, e sulla quale continui a correre?

Avevo circa quattro anni quando, tra i dischi di favole, trovai per caso un Lp della suite de “La Storia del Soldato” e il 45 giri di “Pierino e il lupo” (nell’edizione Disney). Ho voluto saperne di più sul “Soldat” di Stravinsky e Ramuz e sulla favola di Prokofiev; ho perseverato nella mia passione e i miei genitori mi hanno sostenuto e incoraggiato (papà, oltre che grande scalatore, era storico componente del coro Monte Cauriol). Stregato dalla musica de “L’Histoire” di Stravinsky – un’opera dove la recitazione ritmata sulla musica sembrava quasi anticipare il rap – rimasi un po’ deluso quando mi capitò di assistere alle sue rappresentazioni teatrli. Attori a digiuno di musica (o cantanti a digiuno di prosa) rendevano farraginoso l’amalgama tra note e parole. Perciò ho studiato composizione, pianoforte, canto e recitazione quasi per gioco; un gioco che in seguito mi ha consentito di concertare drammaturgia e musica in un unico agire scenico. Da lì è cominciato tutto ed è in quel momento che ha fatto capolino il “Musicattore”, anche se il termine risale ufficialmente al debutto teatrale del 1992. Una definizione nata per scherzo, ma che piacque a tutti, al punto da doverla registrare come marchio per difenderla da frequenti tentativi di plagio.

E che cosa significa, quindi, “Musicattore”?

È lo specialista del teatro musicale da camera, una sintesi di musicista-attore-autore. Un nome composito che prende spunto dalle “parole/baule” del grande Lewis Carroll. Potrei dire che, in un’era di specializzazione, mi sono specializzato in poliedricità, e lo studio dell’architettura  ha condito il tutto.

un-momento-da-histoire-du-soldatAnche architetto?

Temevo che come Musicattore avrei rischiato di finire sotto i ponti: divenendo architetto me li potevo almeno progettare comodi. Scherzi a parte, volevo dotarmi di un metodo accademico che fosse al contempo umanistico e scientifico, per coordinare la mia interdisciplinarietà. Insomma, da bravo genovese ho pensato che con un solo artista a occuparsi di musica, recitazione, regia, scenografia e interpretazione, tutto sarebbe costato meno. Ho pensato a un teatro anticrisi, un intero spettacolo stipato in un trolley. Una specie di bagaglio…a Maio!

C’è un personaggio, fra quelli che hai interpretato, al quale sei affezionato in modo particolare?

È una scelta difficile, davvero: ma se devo restringere la rosa, oltre ai vari Ulisse, Casanova, Iago, Conte Ugolino, Don Giovanni, Mefistofele, il Soldato, Gianni Schicchi, Falstaff, ho anche recitato la parte di alcuni grandi autori, facendone dei personaggi veri e propri: Stravinskij, Paganini, Petrolini e naturalmente il Sommo, Dante Alighieri. Sono essi i quattro elementi ispiratori che compongono il Musicattore.

Hai calcato i palcoscenici di mezzo mondo. A parte Genova, dove ti sei sentito più artisticamente a casa?

Anche questa è una scelta difficile: è sempre una gioia collaborare con teatri nuovi e con nuove formazioni. Oltre al Carlo Felice, il luogo a me più caro è senza dubbio il Teatro alla Scala di Milano, dove ho interpretato e diretto “Pierino e il lupo” e “L’Histoire du Soldat”. Una grande famiglia, dal violino di spalla al direttore di scena, dall’attrezzista al tecnico luci e audio.

Qual è il tuo modello ispiratore, il tuo alter ego? Ce n’è più di uno?

Sono molti gli autori che amo: Stravinskij, Dante, Paganini, Liszt, Goethe, Petrolini, Prokofiev, Sibelius, Berlioz, Lenau, Hoffmann, Shakespeare, Pirandello ma anche Verdi, Andersen, Dostoevskij, Gogol, Bulgakov, e poi Arthur Machen: e qui mi fermo, ma la lista potrebbe proseguire.

Parliamo di Genova. Qual è il tuo rapporto con la città e che cosa manca per vederla come vorresti che fosse?

Amo infinitamente la Superba e, se penso all’affetto del pubblico genovese, al riconoscimento della Presidenza del Consiglio Comunale (nella persona di Giorgio Guerello) e al patrocinio dato alla mia “Histoire” dall’Assessorato alla Cultura (nella figura di Carla Sibilla), posso dire che anche Genova mi ama! È bello scoprire che non sempre vale il detto nemo propheta in patria, e tra le tante cose belle della nostra città ci sono gli spettatori, alquanto esperti e esigenti: se piaci a loro, allora è fatta. Però vorrei che a Genova venisse restituita l’autentica casa di Paganini: questo sì.

Progetti in corso, programmi futuri, sogni?

Sono in corso collaborazioni con diversi teatri, nuove opere in cantiere, studi, saggi e perfino un fumetto, ma non voglio ancora parlarne, per scaramanzia. Posso anticipare che Marie Stravinsky, assieme ai figli Nicolas e Alexandra (e in collaborazione con René Bosc, responsabile della creazione musicale di Radio France di Parigi), mi ha coinvolto in un importante progetto per celebrare, nel Settembre 2018, il Centenario de “L’Histoire du soldat”, un’opera che è divenuta mio cavallo di battaglia e che porto sulle scene in sei lingue. Ho così avvicinato il grande pubblico a Stravinsky: la sera del 5 Maggio, il Carlo Felice era talmente pieno che, con Marie e René Bosc, abbiamo scherzosamente ribattezzato lo spettacolo del “Soldat” in “Histoire du Sold-Out”.

A un giovane che vorrebbe intraprendere la strada, tutt’altro che facile, dell’arte e del teatro, oggi che consiglio daresti?

Oggi abbiamo internet che, usato nel modo giusto, può rivelarsi un valido strumento d’approfondimento. Consiglio di cercare su YouTube i video dei classici shakespeariani, goethiani, pirandelliani; le storiche interpretazioni di attori del calibro di Lawrence Olivier, Sir John Gielgud, Salvo Randone, Maggie Smith, Angelo Musco, Michel Simon, Alberto Lionello, Nino Manfredi, Anna Magnani, Anton Walbrook, i genovesi Vittorio Gassman, Carlo Dapporto e Lina Volonghi, e tanti altri grandi protagonisti della scena. È indispensabile andare a teatro e ai concerti, leggere, cedere alla curiosità (e alimentarla col giusto cibo) e non smettere  maidi studiare. Io continuo a farlo e mi diverto come un pazzo: è come se non avessi mai smesso di giocare.

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