Il cantore per eccellenza della Città Eterna ha presentato a Genova il suo nuovo libro, «inno ai romani fatti per Roma e non viceversa»
Di Leo Cotugno
Abbronzato e con l’immancabile camicia scura addosso, Antonello Venditti è tornato ad un anno di distanza al Teatro Carlo Felice per la data genovese del nuovo tour musicale, “Tortuga in Paradiso”; parole al miele dopo le polemiche (ingigantite) della scorsa stagione per la città ligure: «Genova è una patria di passioni, contrasti e decisioni tutte di petto. Roma ha maggiore pacatezza e forse questo è il suo lato più debole», ha detto il popolare interprete di “Roma Capoccia” e Grazie Roma” prima della presentazione alla Libreria Feltrinelli del suo libro “Nella notte di Roma”.
Non un banale ricorso all’autobiografia, ormai divenuto leit motiv per qualsiasi musicista: un accorato atto d’accusa («Velato pur sempre da una profonda dichiarazione d’amore», soggiunge Venditti) a quella romanità che zucchera i sentimenti e che rende i romani stessi troppo sicuri che quella città all’apparenza invulnerabile cela tante debolezze e mille contraddizioni.
Il futuro è tutto nel passato. La trama di un libro da leggere molto agilmente, un piccolo viaggio a carattere psicologico che vede l’autore andarsene a passeggio in modo un po’ melanconico, di notte, sul Lungotevere, in compagnia di una ragazza, Laura. «Una donna conosciuta per caso, lontana dall’esuberanza del protagonista al maschile, preso dalla smania di conoscere i vecchi e nuovi vizi di una città il cui futuro è tutto nel passato». Un viaggio che dura tutta la notte e che estrae dalle viscere della Roma sia altolocata che piccolo-borghese e proletaria un quadro d’insieme sconcertante. «Roma è vizio, i romani pensano di essere fatti per Roma e non viceversa – il pensiero vendittiano – e inoltrandosi tra i monumenti più significativi a bordo della piccola auto, i due attori del romanzo entrano a contatto con esso in modo indelebile. Ci sono peccati che attechiscono addosso come l’erba cattiva e uno più di tutti vi riesce. Si chiama Purezza».
Una dominante imperfetta. Si è accennato a Roma “autarchica”, termine molto in uso durante i periodi del passato fascista, durante i quasi 25 anni di regime mussoliniano. Perché? «La risposta per Roma sta nel fatto di amare quello che è profondamente suo e di custodirlo, proprio come facevano gli imperatori» ammette Antonello Venditti «e tra l’enorme patrimonio custodito ci sono anche profondi ed indelebili vizi. I peccati di Roma sono quello della bruttezza, responsabile per esempio della devastazione architettonica di alcune parti della città; il clientelismo, che si impara sin da piccoli; e il peccato di purezza, diventato nota caratteristica dei Romani: in un mondo spietato ed orientato esclusivamente al profitto, è il più grave di tutti».
Attraverso la sua voce, Antonello Venditti rivolge un appello a Roma e all’Italia: «Salvare le città tracciando al contempo un percorso esistenziale fatto di misure e ricordi. Scopro che Roma è una dominante imperfetta, dove la purezza si identifica con la bellezza. Ha saputo rendere il romano spavaldo, ma non orgoglioso; l’orgoglio è per chi pensa di essere fatto per quel mestiere. Ed è così che sorge la gelosia per quei personaggi della storia passata e presente della Capitale, che orgoglio ne hanno profuso a quintali. Da Giulio Cesare ad Anna Magnani, da Alberto Sordi per finire con Francesco Totti».
I ricordi del Bar Tortuga. Con Venditti si conversa amabilmente su qualsiasi argomento: una politica «ancora impreparata all’accettazione del nuovo corso» che rende l’Italia vulnerabile sul profilo internazionale; e del nuovo orizzonte musicale, pronto a ripartire dall’album “Tortuga in Paradiso”, presentato a Roma ad inizio dicembre 2015 e la cui tourneé, che ha raggiunto anche Genova il 24 maggio scorso con il concerto al Teatro Carlo Felice, «può definirsi un ideale compendio dei vizi capitali analizzati nel mio libro sulla Città Eterna». Un DVD, tre CD, ognuno dei quali contenenti tre rimasterizzazioni dei celebri successi degli anni ’70 al Folk Studio: da “Peppino”, a “Lilly”, “Bomba o non bomba”, “Sotto il segno dei Pesci”. «Il disco compie in questi giorni un anno di vita, essendo stato registato il 5 settembre 2015 allo Stadio Olimpico – spiega il cantante – con la collaborazione di alcuni amici fraterni: Briga, Biagio Antonacci, Carlo Verdone. Il viaggio parte proprio dal Bar Tortuga, ritrovo degli studenti del Liceo Giulio Cesare, che dà in faccia al bar stesso e dove si parlava con fervore di anarchia, libertà, manifestazioni di piazza. Il brano più significativo è quello che reca il titolo che dà il nome al disco, “I ragazzi del Tortuga”. Un treno che porta lontano il cuore di un ragazzo ricolmo di sogni di democrazia, facce, libri, camionette della polizia e serenate a San Pietro e sul Lungotevere. Insomma, nostalgie di tempi passati e mai dimenticati. Voglia di tornare in trincea con testa e cuore caldi».
Il grande ritorno al successo di Antonello riparte dal 1976: quarant’anni di suggestive ripercorrenze passando dal Folk Studio, altro luogo fondamentale della vita artistica di Venditti. «A brani epocali quali Bomba o non bomba, Modena, Sara e Sotto il segno dei Pesci ha partecipato il gruppo storico “Stradaperta”: insostituibile il contributo di Rodolfo Lamorgese alla chitarra acustica ed armonica, Renato Bartolini alla chitarra classica e mandolino, Claudio Prosperini alla chitarra elettrica e Marco Vannozzi al basso».
L’amore nel terzo millennio. Con “Tortuga in Paradiso” e “Nella notte di Roma”, Antonello Venditti ha dato sfogo alla propria creatività concentrando il suo maggiore sforzo sui sentimenti. Tortuga è uno di quei dischi che, sin dal primo ascolto, dà la sensazione di imbattersi e assaporare qualcosa di diverso.
«Non sono un ragazzo dell’epoca digitale, ma un uomo classe 1949 che l’amore l’ha conosciuto e imparato direttamente sulla propria pelle – chiosa l’artista – e dunque celebro lo stesso con passione e sincerità, con quel tanto di ovvietà per la quale ciascuno può riconoscersi nelle canzoni dell’album. Cerco di scolpire le canzoni nella roccia del mio stile». Ed ancora: «Come l’amore, anche la musica e lo scrivere sono cose serie da trattare con rispetto e devozione: arti raffinate e difficili per cui vale la pena di soffrire e faticare».
In questo lavoro, che si compone di tre dischi, e nella laboriosa opera di progressiva rinascita anche sul piano dell’evoluzione digitale, Antonello si è accompagnato a due insostituibili compagni di viaggio. Il primo, Alessandro Centofanti, recentemente scomparso, è stato molto di più che un «simpatico avventuriero da strada» per il cantante romano: «Un amico in grado di capire al volo le sfumature delle canzoni, colorandole e animarle come nessun altro». L’altro collaboratore determinante è Alessandro Canini: «Polistrumentista, autore, produttore seduto al mixer e mio alter ego. Uno specchio sonoro nel quale mi rifletto prendendo spunto per provare a migliorarmi ogni giorno». Canini, nuovo produttore di Venditti dopo la fine della trentennale relazione artistica con Alessandro Colombini, ha suggerito al cantante il titolo di Tortuga: «Un bar è per tutti un punto cardinale della vita emotiva – conclude Venditti – figurarsi per me, che al Tortuga ho avuto il sorgere dei primi amori, delle prime vedute politico-sociali antitetiche, delle visioni del mondo da eterno navigatore».
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